Dialogo con la montagna

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Ritratto di marcoandreis
marcoandreis

L’uomo sale lungo il sentiero nel bosco; sale adagio, osserva, ascolta, ogni tanto si ferma, immobile, si guarda intorno e poi riprende il cammino.
Poco alla volta, il bosco, prima misto, diventa un bosco di castagni, poi di faggi, poi di larici e di abeti, poi ancora gli alberi lasciano il posto ad ampi pascoli, prati disseminati di massi dove solo più qualche pino cembro resiste alle intemperie.
La pendenza del sentiero diminuisce, davanti all’uomo si allarga un pianoro, al cospetto della montagna: magri declivi erbosi, balze rocciose, forre, precipizi, cascate e laghetti incastonati come pietre preziose, sfasciumi, pietraie, e poi, più su, neve e ghiaccio e oltre, soltanto il cielo.
L’uomo fa qualche passo, si avvicina ad un masso, si siede, guarda lontano, respira profondamente, chiude un attimo gli occhi, rilassa le sue membra, svuota la mente ed ascolta.
Ascolta la voce del silenzio, quella voce che dà un senso di ronzio nelle orecchie.
Poi, pian piano, dalle balze rocciose, scende un sibilo leggero, quasi un alito di vento, che però vento non è.
E’ la voce della montagna.

  • Buongiorno montagna!
  • Buongiorno uomo; chi sei?
  • Un uomo; un uomo come tanti altri, destinato ad un fugace passaggio in questo mondo, stanco di complicazioni, ingiustizie, fandonie, furberie, violenze; un uomo in cerca di un po’ di se stesso!
  • Mi sembra una filosofia piuttosto triste la tua.
  • Lo è; forse anche per questo sono qui, a godermi un po’ della mia vita.
  • Stavo per chiedertelo; cosa fai seduto da solo quassù?
  • Mi piace.
  • Che cosa ti piace?
  • Stare qui.
  • E’ difficile parlare con te, sei di poche parole.

Lo so! Però in certe situazioni, in certi posti, le parole sono inutili. Bisogna lasciare parlare quello che ci circonda, ascoltare il silenzio e le cose che ha da dirci, ascoltare le voci che vengono dal profondo di noi stessi e che troppo spesso tacitiamo, ascoltare i suoni della natura, ascoltare le voci che sono nel vento; e poi lo sai, come ha detto Goethe: "I monti sono maestri muti e formano allievi taciturni"

  • Mmm, addirittura le citazioni! Sembri saggio.
  • No, non lo sono.
  • Perché no?
  • Perché sto quassù troppo poco e non mi riesce di ascoltare fino in fondo tutte le cose che ti ho detto. Quando ritorno alla vita di tutti i giorni tutto questo sparisce soffocato dalla frenesia e dai mille impegni che ognuno di noi si è costruito convinto che sia la cosa giusta da fare; d’altra parte la fanno tutti! L’unica cosa che ti resta è una grande nostalgia e la voglia di ritornare quassù!
  • Vorresti stare quassù?
  • Si.
  • Ed allora fallo.
  • Non posso.
  • Perché?
  • Perché non sono saggio.
  • Ma tu credi che stare quassù sia facile? Credi che io renda la vita facile ha chi decide di vivere nei miei domini? Mi credi materna e comprensiva? Mi credi malleabile? Mi credi domabile?
  • No.
  • E allora perché lo faresti?
  • Che cosa?
  • Stare quassù.
  • Te l’ho già detto: perché mi piace!
  • Sei un uomo strano.
  • Forse.
  • Comunque stare quassù è dura!
  • Si ma è altrettanto duro vivere in una città, una vita che non riconosci più come tua in un posto che non è più il tuo. Quando te ne accorgi spesso è troppo tardi per cambiare, o forse semplicemente non hai più il coraggio di farlo e allora fai l’unica cosa che può aiutarti: vieni quassù ogni volta che puoi e ti viene il pensiero, che piano piano diventa certezza, che, forse, se vivessi quassù le cose migliorerebbero sensibilmente.
  • Come puoi paragonare lo stare qui con lo stare in una città, in mezzo alle comodità ed alla gente?
  • Comodità? Gente? Certo: i negozi sono sotto casa, hai tutti i servizi, esci e ti mescoli in mezzo alla folla; però mi sono sentito più solo in mezzo a centinaia di persone, ognuna chiusa nel proprio guscio di indifferenza verso gli altri, che adesso quassù; queste sono le comodità a cui alludi? Sei certa che il gioco valga la candela?
  • Però quassù quando nevica ed infuria la tormenta ti devi spalare la strada, quando fa freddo devi stare attento che non ti si spenga la stufa, quando d’inverno manca la corrente elettrica devi stare al lume di candela, se hai bisogno di qualche genere particolare non lo trovi nei negozi, e potrei proseguire a dirtene di disagi.
  • Quando è nevicato sono rimasto impantanato in strade di città e non di montagna, perché in città non erano pronti con i mezzi spazzaneve mentre qui sono sempre preparati e poi se c’è la necessità fanno quello che devono senza badare troppo ai formalismi e alla burocrazia. Quando, prima o dopo le date stabilite dalla legge per l’accensione degli impianti di riscaldamento, ci sono state delle giornate di maltempo, ho patito il freddo nella casa di città mentre qui ho potuto accendere la stufa quando ho voluto. Quando è mancata la corrente elettrica in città non sono riuscito a comperare le candele, non ero preparato e non me l’aspettavo, qui le ho sempre in casa e comunque le trovo sempre nel negozietto del paese, perché so che capiterà di restare al buio. Forse hai ragione sui negozi.
  • Ma tu di dove sei?
  • Di un posto di montagna.
  • Ecco! Ora capisco.
  • Che cosa?
  • Il tuo modo di pensare e le cose che mi dici. Un uomo nato e cresciuto in una città molto difficilmente mi avrebbe detto quello che mi hai detto tu. Loro salgono quassù d’estate, in combriccole chiassose a fare le loro merende, lasciano cartacce e rifiuti dappertutto, strappano i fiori per fare dei grossi mazzi che appassiscono prima che arrivino a casa, calpestano i pascoli, incidono scritte idiote sul tronco degli alberi, accendono fuochi senza precauzione e distruggono ettari di bosco. Quante volte ho sentito gli alberi urlare per il dolore mentre venivano arsi vivi per l’incoscienza di un uomo, o gli animali terrorizzati cercare scampo sui miei fianchi rocciosi dove il fuoco non arriva! Oppure salgono quelli che si chiamano alpinisti; alcuni, devo riconoscerlo, sono persone a modo, che mi sfidano ma che mi rispettano e mi vogliono bene sul serio, che sanno comportarsi bene con me; altri però improvvisano. Pensa che ho visto delle persone su un ripido nevaio con le scarpe da ginnastica di tela! Cose da farmi accapponare le rocce! Poi, purtroppo succedono le disgrazie! E allora è colpa mia che sono crudele ed infida; i giornali scrivono che bisogna fare attenzione a fidarsi di me, quasi mi facesse piacere vedere uomini che precipitano nei miei anfratti o scivolano sui miei ghiacciai e si sfracellano in fondo a qualche burrone! Io cerco di avvertirli, con dei segni, ma loro non sanno riconoscerli! Non sanno vedere la placca di roccia o di ghiaccio o neve infida, non sanno vedere il temporale che si addensa sui miei fianchi e che presto gli scaricherà addosso tempesta e fulmini mortali; insomma, spesso non so proprio come fare!
  • Eh, certo che anche tu hai le tue ragioni.
  • Mah, è pur vero che sono un po’ difficile da capire e da trattare, ma di certo non voglio fare del male a nessuno. Sono contenta anch’io quando vedo gli alpinisti arrivare in vetta e gioire e ritornare sani alle loro case per raccontare le loro avventure agli amici; oppure più semplicemente quando qualche allegra comitiva sale qui sui pianori a godersi un po’ di aria buona e di serenità, o attraversa i miei passi per visitare le mie vallate, o si ferma nei rifugi a pernottare: le loro luci mi fanno compagnia quando scende il buio. Mi ricordo, ormai sono molti anni, quando i primi alpinisti hanno cominciato a fare le loro salite accompagnati da persone dei paesi di quassù, che un po’ mi conoscevano perché mi percorrevano per portare il loro poco bestiame sui pascoli o per andare a caccia o anche per andare a scambiare o contrabbandare merci nelle varie vallate.
  • Ho visto delle fotografie e ho letto dei resoconti di vecchie scalate; certo che allora i mezzi e le attrezzature erano proprio poche rispetto ad oggi! Per questo penso che quelli fossero veri alpinisti! Un conto è salire con pesanti scarponi di cuoio con sotto i chiodi, con vestiti di lana che si inzuppano di sudore o di pioggia e magari poi gelano, con corde di canapa che quando si bagnano diventano dure come legno, e un conto è salire con le moderne attrezzature, leggere, comode, calde ed asciutte, maneggevoli, con radio e telefoni portatili per chiedere aiuto in caso di necessità. Però, d’altra parte è meglio così, oggi si è più sicuri anche grazie a tutte queste cose di cui si può disporre.
  • Si, sono d’accordo con te, anche se mi dava più soddisfazione vedere con quali sforzi e con quale indistruttibile volontà mi scalavano gli alpinisti dei secoli scorsi, o come si ingegnavano per inventarsi nuovi sistemi o nuovi attrezzi autocostruiti per trarsi d’impaccio quando li mettevo alle corde con qualche passaggio molto difficile.
  • Come quando Whymper, nel 1862, costruì il primo rudimentale cliff-hanger, o il cappio con anello in ferro e cordino per recuperare la corda nelle calate?
  • Si, esattamente; ma gli esempi potrebbero continuare numerosi.
  • Lo so. Però, se dici così, mi autorizzi a pensare che non sei buona come mi hai detto poco fa. Ora che ci penso di vittime ne hai fatte parecchie!
  • Dai, non esagerare, è stato il prezzo che l’uomo ha dovuto pagare per la sua sete di conquista; anche chi ha attraversato deserti o esplorato foreste, o risalito fiumi sconosciuti o navigato su mari ignoti, talvolta ha incontrato la nera signora.
  • La nera signora. Mi piace questo eufemismo usato da te.
  • Se avessi detto morte mi avresti accusata di poca sensibilità.
  • Nera signora, morte, donna con la falce, o qualsiasi altro appellativo, non cambia la sostanza.
  • Eppure anch’io sono rimasta turbata ed ho pianto per le grandi tragedie: quella della spedizione di [[Edward Whymper]] sul Cervino, la drammatica fine di Toni Kurz sulla nord dell’Eiger, o la tragedia che ha travolto Corti e Longhi sempre sull’Eiger, la terribile agonia sul Monte bianco di Vincendon ed Henry, le indicibili sofferenze di Simpson sul Siula Grande nelle Ande Peruviane, la morte sull’Everest di Mallory e Irvine, di cui ancora voi uomini cercate la ragione ….. mah, è meglio non rivangare ricordi tristi. Se solo, a volte, voi uomini vi rendeste conto che non sempre il momento è quello giusto per fare certe cose. Se solo metteste da parte l’orgoglio e la sete di primeggiare sempre e comunque e vi rendeste conto che, si io sono buona, ma sono severa e con me non c’è spazio per leggerezze….. probabilmente tante disgrazie si potrebbero evitare!
  • Tu sai come è andata a Mallory e Irvine!
  • Certo; c’ero! Ma non ho voglia di parlarne, sarebbe un racconto troppo triste! Sull’Everest, più che in altri posti, non ci si possono permettere errori neanche minimi. Forse erano due alpinisti troppo diversi, con esperienze troppo diverse, non sufficientemente in sincronia per una sfida così grande; te l’ho detto che non sempre il momento è quello giusto.
  • Dici bene tu, ma sai che l’uomo non è saggio. Mi hanno insegnato che ci vuole più coraggio a ritornare indietro quando ormai manca poco alla vetta che a raggiungerla a tutti i costi, ma ho fatto fatica a capirlo, solo dopo averci meditato per un po’ di tempo me ne sono convinto; però conosco tanta gente che, se mi sentisse, mi darebbe del codardo o quantomeno del buono a nulla.
  • Ma tu sei un alpinista?
  • Se per alpinista intendi uno che ti sfida, sempre e a tutti i costi, sulle pareti o sui ghiacciai, che va sempre in giro con chili di ferraglia appesi all’imbragatura e mazzi di corde arrotolati nello zaino, che dorme con la piccozza vicino al letto, che considera andare in montagna solo superare il settimo grado, allora no, non lo sono! Se invece per alpinista intendi uno che ti apprezza anche nelle tue forme meno ardite, che ama la tua natura, che ti rispetta e ha il giusto timore di te, che qualche volta desidera anche cimentarsi in qualche sfida con te, che possiede una piccozza ed un paio di ramponi, che si diverte ad arrampicare di tanto in tanto, che viene anche semplicemente a sedersi su una roccia come questa per stare un po’ da solo con te e magari fare due chiacchiere come stiamo facendo adesso, allora si, lo sono! Scegli tu.
  • Cominci a piacermi, uomo.
  • Grazie, tu mi piaci da molto tempo; ma queste cose preferirei che me le dicesse e che io le dicessi ad una bella donna.
  • A proposito di donne, sai che mi è giunta voce che l’alpinismo e le donne non possono coesistere?
  • Si, l’ho letto anch’io, ma sai cosa credo?
  • Cosa?
  • Che chi l’ha detto non abbia capito niente ne di donne, ne di alpinismo. Certo che si ti rintani in un rifugio o in un bivacco e trascorri una notte di sesso sfrenato e il giorno dopo pretendi di salire, vispo come un grillo, la parete nord delle Grandes Jorasses, o sei un mostro o sei un folle. Ma dato che i mostri non esistono, se non nella fantasia, sei di sicuro un folle. Ci sono stati grandi alpinisti con donne al loro fianco, prendi Cassin, sposato con figli, prendi Herman Buhl …..
  • Ma sai che mi piaci sempre di più!
  • Smettila di scherzare, ti ho già detto come la penso!
  • Chiacchierando il tempo passa, il sole è già al punto più alto del suo percorso.
  • A proposito, ti spiace se, mentre chiacchieriamo, sbocconcello qualcosa che mi sono portato nello zaino?
  • Figurati, basta che poi non lasci in giro porcherie.
  • Ma insomma, è da un bel po’ che parliamo e ancora dubiti del mio comportamento?
  • C’è da fidarsi?
  • Vedi tu! Comunque io penso che se ho fatto lo sforzo di portare i contenitori pieni in salita non capisco perché non possa portarli vuoti in discesa e debba sparpagliarli qua.
  • Quando ti ho chiesto cosa facevi quassù, però, mi hai dato una risposta troppo vaga. Dimmi di più.
  • Che cosa vuoi che ti dica? Ho cominciato a percorrerti da ragazzo perché eri l’unico posti in cui potevo placare la mia sete di avventura. Sai, ho iniziato come cacciatore di rocce.
  • Cercavi minerali?
  • Si. Poi però la semplice ricerca dell’avventura è diventata qualcosa di più profondo, qualcosa che mi ha legato strettamente al tuo mondo, qualcosa che mi ha fatto sognare le grandi scalate, che però non sono mai riuscito a fare.
  • Perché?
  • Mah… forse mi è mancata la compagnia giusta, forse mi sono fatto distrarre troppo da altri impegni, o forse ne ho assunti di troppo gravosi perché mi lasciassero abbastanza tempo da dedicarti… Non lo so! Anche se credo che sia il primo dei motivi che ti ho detto.
  • E poi?
  • Poi cosa?
  • Come è proseguita fino ad oggi?
  • Poi, per un certo periodo ti ho tralasciata molto perché, come ti dicevo non essendo saggio, ho commesso l’irrimediabile errore di costruirmi un’esistenza che credevo adatta a me ma che mi ha portato ad uno stato di grande sofferenza interiore che mi ha fatto capire che stavo sbagliando tutto. Il modello che avevo preso ad esempio era completamente sbagliato! Non potevo stare senza di te, mi mancava la tua natura, i tuoi grandi spazi, i tuoi profondi silenzi; tutte cose che mi facevano, e mi fanno, stare bene. Da quel momento ho ripreso a frequentarti! Certo, quando posso; ma ogni volta è per me una specie di rinascita interiore, qualcosa che non so spiegare ma che mi porto dentro per un po’; poi devo ritornare quassù.
  • Interessante! Forse stai scoprendo una dimensione spirituale diversa da quella della maggioranza; diversa dalla dimensione meramente poetica o romantica che alcuni trovano in me, diversa anche da quello spirito di ribellione contro le cose del mondo di oggi che porta tanti a venire quassù, diversa anche dalla ricerca del’eroismo fisico che ha animato ed anima tanti alpinisti!
  • Non lo so! Sto ancora cercando di capirlo. Certamente la componente poetica e quella di ribellione, ci sono dentro di me, sono una spinta; forse, come ha detto Camanni, sono anch’io uno di quegli uomo-fanciullo mai diventato completamente adulto e sempre alla ricerca di attimi ed emozioni che non trova nella vita quotidiana. Come ti ho detto, sto cercando di andare un po’ più a fondo in me stesso per capire di più su questo mio atteggiamento nei tuoi confronti. Vedremo. Ci vuole tempo perché certe cose maturino ed emergano dal profondo della nostra coscienza.
  • Forse cerchi l’ascesi interiore.
  • Forse! Tu sei un mondo affascinante, attraente, terribile. Non è certo un caso che da sempre le culture abbiano collocato sulle tue vette Dei e Demoni. Hai sempre rappresentato l’irraggiungibile, la difficoltà; come difficoltoso è l’incontro con il divino o il soprannaturale.
  • A proposito di difficoltà, siamo noi due che stiamo facendo dei discorsi difficili!
  • Si! Ma ogni tanto è piacevole confrontarsi con qualcuno anche su queste cose, ma sono pochi gli uomini con cui è possibile farlo senza essere presi quantomeno per persone strane.
  • Perché non capiscono!
  • Lo so! Per fortuna qualcuno che ti capisce c’è, ma sono pochi!
  • Ebbene continua uomo! Continua a venire quassù tutte le volte che vuoi. Continua a salire e cercare la montagna; ma non solo la montagna di rocce e neve, bensì quella che è dentro di te. Solo così potrai arrivare a quello stato di risveglio, ma soprattutto di illuminazione interiore, che solo qui puoi scoprire. Io ti chiedo continuità, fatica, silenzio, solitudine, rischio, fedeltà senza limiti e in cambio ti posso dare la serenità che viene dalla scoperta della montagna interiore e della rivelazione più profonda di te stesso, fino a superare ogni vetta materiale e raggiungere un ordine superiore.
  • Queste parole mi fanno piacere; mi hai capito! Hai capito quello che sento dentro e che non so ancora spiegare, ma che forse hai spiegato tu, qui, ora! Credo che continuerò come dici tu, continuerò a salire perché, come ha detto Gregorio di Nissa “chi sale non si fermerà mai, andando di inizio in inizio, per inizi che mai hanno fine” ed un monaco, di cui non so il nome ha scritto che “le montagne non sono l’Assoluto, ma lo suggeriscono”.
  • Bene! Basta con i discorsi troppo impegnati. Il sole sta calando, dovrai rientrare.
  • Si, devo. A presto. Ho parlato volentieri con te.
  • Sai dove trovarmi ogni volta che vorrai, e anche se non parleremo sarà lo stesso, perché, come tu stesso mi hai detto, a volte parlare non serve; a volte il silenzio ci dice più di molte parole perché, soprattutto, ci consente di ascoltare noi stessi.

L’uomo si alza, si sente bene, si sente un po’ rinato, volge ancora lo sguardo tutto intorno e cerca ancora la voce della montagna.
Una curiosa, leggera nebbiolina sale lungo i canaloni, come spinta da un alito di vento, che però vento non è! La montagna sta ritornando a se stessa; forse, chissà, tornerà a parlargli; o forse si è trattato della sua immaginazione.
No.
Non era solo immaginazione; ma non lo racconterà; non è sicuro che verrebbe capito!
Adesso scende; lungo ampi pascoli, prati disseminati di massi dove solo qualche pino cembro resiste alle intemperie, poi nel bosco; scende adagio, osserva, ascolta, ogni tanto si ferma, immobile, si guarda intorno e poi riprende il cammino.
Poco alla volta, il bosco, prima di larici e abeti, diventa un bosco di faggi, poi di castagni, poi ancora un bosco misto, poi la pendenza del sentiero diminuisce, fino al piano.
L’uomo si sente diverso; ora sa che quello che sente dentro è vero, reale, ora sa che la montagna esiste dentro di se, nel più fondo della sua interiorità.
Lui deve solo ascoltarla!