Dimenticate gli inglesi: il primo sul Monviso fu un ingegnere francese. Nel Settecento

Domenica, 24 Gennaio, 2016 - 08:30
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“Dimenticate gli inglesi: il primo sul Monviso fu un ingegnere francese. Nel Settecento”

Una ricerca negli archivi svela l’epopea dimenticata di Bourcet. Carte e misurazioni tolgono il record a Mathews e Jacomb

ANDREA GARASSINO - PAOLA SCOLA
CASTELDELFINO

Per la storia dell’alpinismo furono gli inglesi William Mathews e Frederick Jacomb a salire per primi, il 30 agosto 1861, sul «Re di Pietra». Cioè il Monviso: la montagna simbolo del Piemonte, che nelle giornate di cielo terso si vede dalla Pianura Padana. Ma la storia potrebbe cambiare. Perché tre studiosi hanno scoperto, esaminando la cartografia del XVIII secolo, che sui 3841 metri della vetta più alta delle Cozie potrebbero essere arrivati altri, 110 anni prima: i geografi francesi incaricati di disegnare la «mappa» del territorio.
La «prova matematica»  
Oliver Joseph e Paul Billon-Grand, storici di Vallouise (vicino a Briançon), insieme con Eugenio Garoglio (collaboratore dell’Università di Torino e del Centro studi e ricerche storiche sull’architettura militare del Piemonte) e il cartografo Alexandre Nicolas, hanno trovato nelle antiche carte la «prova matematica» (così sostengono) che ci sono state «ascensioni dimenticate» sulle Alpi del Sud, compresa quella sul Viso. Che oggi possono essere dimostrate dalla presenza di quelle rilevazioni e misurazioni.
«Abbiamo iniziato le ricerche - spiegano - all’Archivio storico della Difesa francese a Vincennes. Cercavamo materiale della seconda metà del XIX secolo e abbiamo trovato i disegni originali della Carta della frontiera delle Alpi del Delfinato, realizzata tra il 1749 e il 1754 dall’ingegnere militare Pierre-Joseph Bourcet». «Lì abbiamo intuito la possibilità di un’ascesa alla sommità del Viso - sottolinea Olivier Joseph - nel 1751, se non addirittura nel 1750. È stata la scoperta di un pittogramma, cioè un simbolo stilizzato, che ci ha posto la questione».
I «pittogrammi»  
«Sulla mappa di metà ‘700 – precisano gli studiosi – il Monviso e le altre vette usate per le misurazioni sono indicate con un palo e un’ellisse in cima. Un tronco di 10-15 metri, a cui veniva attaccato un drappo visibile da un’altra sommità, da cui si facevano i calcoli. Significa che la spedizione di Bourcet è salita in vetta al Viso per sistemare il palo e poi registrare i valori».
La precisione da Gps  
Materiale topografico dettagliato, anche rispetto alla cartografia moderna. «L’altezza delle montagne e le distanze tra le cime - proseguono i ricercatori – presentano errori di pochi metri su tratti di 15-20 km. Imprecisioni tra 0,5 e 1%». I topografi seguivano il metodo delle triangolazioni e dell’ampiezza degli angoli: «Utilizzavano sommità ben visibili e cannocchiali con mirini. In pianura i vertici dei triangoli sono campanili o torri, mentre in montagna sono le cime». Secondo Joseph, Billon-Grand e Garoglio, la missione di Bourcet scalò cime del Delfinato e il Monviso. Ma anche altri abitanti del territorio potrebbero essere saliti nello stesso periodo.
Contratti con i «portatori»  
«I topografi non conoscevano queste vallate – dice Joseph -, ma negli archivi del Delfinato abbiamo trovato contratti con cui Bourcet ordinava a persone del luogo di accompagnarli nell’ascensione, come sherpa, perché conoscevano già la strada». E dagli archivi è emerso che Bourcet e i suoi ingegneri «si diressero verso il Queyras, dunque il Viso, nel luglio 1751».
La ricerca che sconvolge la storia dell’alpinismo è stata presentata a Vallouise e nei prossimi mesi in Piemonte. Il lavoro prosegue: gli storici vogliono esaminare gli archivi di Casteldelfino, nel Cuneese, da dove si passava per salire sul «Re di Pietra». Cercano eventuali ordini di Bourcet e nomi dei primi scalatori italiani.
 
Su La Stampa di domenica 24 gennaio 2016.